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I giovani e il pensiero del suicidio: il quadro odierno e come si è arrivati a questa situazione, fattori di rischio e prevenzione

I giovani e il pensiero del suicidio: i dati di un quadro allarmante

In occasione della Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza, l’Unicef ha diffuso alcuni dati che evidenziano una delicata, quanto allarmante, situazione in merito ai giovani e al pensiero di suicidio. Nel mondo quasi 46mila adolescenti muoiono a causa di suicidio ogni anno, più di uno ogni 11 minuti! Secondo il Centro Controllo Malattie degli Stati Uniti il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani tra 15 e 25 anni. 

In Italia il trend è in netto aumento negli ultimi anni e la pandemia da Covid-19 ha peggiorato la situazione: dal 2020 ad oggi l’aumento è stato addirittura del 75% rispetto al biennio precedente e l’’80% dei tentativi di suicidio riguarda adolescenti.

In un altro  sondaggio condotto da Unicef Italia nel novembre del 2022, su un campione di adolescenti di età compresa fra i 10 e i 19 anni, su 194 partecipanti il 10% di questi si sente frustrato, il 14% angosciato, il 14% preoccupato, il 12% triste, e il 28% ottimista. Tuttavia, il 41% degli adolescenti afferma di non aver richiesto aiuto a nessuno, mentre l’11% si è rivolto ai familiari, e il 22% ad amici e coetanei.

Nonostante l’indagine riveli che i giovani vorrebbero sentir parlar più spesso di salute mentale, il 22% afferma di non aver chiesto aiuto perché non lo ritiene necessario, il 10% teme di richiedere aiuto, un altro 10% non sa a chi rivolgersi, e un 8% teme il giudizio degli altri.  

Come si è arrivati a questa situazione?

I pensieri suicidi non sempre portano a un comportamento suicidario, ma sono fattori di rischio di tale comportamento. Generalmente diversi elementi interagiscono prima che i pensieri suicidi si trasformino in comportamenti suicidari e spesso esiste un disturbo psichico sottostante e un evento stressante che scatena il comportamento, come la perdita del fidanzatino/a, l’umiliazione da parte di familiari o amici, l’essere oggetto di bullismo a scuola (specialmente nel caso di studenti gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (LGBT)), lo scarso andamento scolastico o problemi in famiglia.

Come detto, gli eventi stressanti di per sé, spesso presenti in tanti adolescenti, e non  inducono un comportamento suicidario se non sussistono altri problemi di base, tipo: depressione o disturbi da uso di sostanze/alcol o lo scarso controllo degli istinti o altri disturbi mentali. 

Dunque ora vien da chiedersi: come è possibile intervenire per invertire questo trend? 

Fattori di rischio e variabili socio demografiche

Il filo che lega tutti i fattori di rischio per il suicidio è l’incertezza e la perdita di speranza per il futuro; ma il suicidio si può prevenire se si riesce a intervenire sulla sofferenza psicologica e a ridare speranza ai ragazzi in crisi. Il suicidio è diventato un problema di salute pubblica così rilevante da spingere la ricerca e gli studi all’identificazione di fattori di rischio, passo fondamentale per la prevenzione. 

Tra le variabili di tipo socio-demografico il sesso maschile presenta un maggior rischio di “suicidio a termine“, meno nelle femmine nelle quali sono più frequenti i tentativi di suicidio. Il più importanti fattori di rischio sono costituiti da precedenti Tentato Suicidio. Il 44% infatti di suicidi a termine presenta una storia di PS e di questi il 30% ha alle spalle tentativi multipli. Il dato allarmante è che circa il 50% dei ragazzi che hanno portato a termine il suicidio hanno avuto contatti con un medico o uno psicologo o un NPI  nell’anno precedente il suicidio: dati stimolo importanti, per programmi e strategie di prevenzione. 

I giovani d’oggi e l’incapacità di proiettarsi nel futuro

Oggi la maggior parte dei ragazzi che ha pensieri negativi sulla vita, non ha un progetto di vita e questo li porta a non riuscire a vedere oltre all’oggi, all’hic et nuc di Orazio.

La classica domanda “Cosa vuoi fare da grande?”,che porta nei bambini di età prescolare spesso a risposte chiare anche se talvolta fantasiose, trova spesso gli adolescenti a non saper rispondere e a concludere con il solito BOH!

Credo che sia proprio questa mancanza di riuscire a proiettarsi, in maniera costruttiva, in un prossimo futuro, che crea, in alcuni giovani il vuoto cosmico e la successiva impossibilità di superarlo. Ed qui che probabilmente gli adulti possono agire con la prevenzione: nell’ascoltare quanto vuoto ci sia e nel proporre e accompagnare gli adolescenti in un qualsiasi progetto di vita. 

Prevenzione: cosa fanno davvero i governi?

Nonostante la prevenzione del suicidio sia stata individuata come obiettivo prioritario dai maggiori organismi internazionali, solo pochi Paesi nel mondo hanno sviluppato una strategia nazionale per la prevenzione del suicidio e l’Italia non è ancora tra questi.  Politiche di prevenzione efficaci devono prevedere un approccio di tipo multisettoriale che tenga conto dei potenziali fattori di rischio a livello di contesto sociale, economico e relazionale del soggetto. 

In Italia qualcosa si è fatto negli ultimi anni: si sono inseriti i box psicologici nelle scuole, si è incrementato i posti letto negli ospedali per le malattie neuropsichiatriche dei minori e sensibilizzato le famiglie con film e dibattiti. Ciononostante nelle scuole i professori non fanno più temi introspettivi, atti a conoscere i ragazzi, ma si ostinano sul nozionismo, delegando ai vari psico-box il lavoro di conoscenza emotiva (per quei pochi ragazzi che hanno la forza di chiedere aiuto). D’altro canto la Sanità continua a limitare i posti di medicina specialistica, lasciando così ogni dottore con carichi di pazienti (350/400 pz a medico) impossibili da gestire.

Come può agire ognuno di noi per prevenire i casi di sucidio?

Un concetto fondamentale da non dimenticare mai, perchè la prevenzione sia efficace è che è necessario vedere le cose dalla prospettiva del ragazzo, non dalla nostra.

Inoltre, se stiamo per “aiutare” un giovane con questi propositi, occorre aver presente alcuni fattori.

Di cosa hanno bisogno e cosa vogliono i giovani che pensano al suicidio?

I giovani, in generale, cercano:

  • Qualcuno che li ascolti, cioè che si prenda tempo per loro, che non li giudichi, che non sminuisca i loro pensieri, che non dia consigli o opinioni, ma che presti loro attenzione.
  • Qualcuno di cui fidarsi: che tenga riservato tutto ciò che viene detto;
  • Qualcuno a cui importi: che li rassicuri, li accetti e creda a loro, che gli faccia arrivare il concetto “mi importa di te”.

Cosa invece non vogliono i giovani:

  • Esser lasciati soli
  • Ricevere consigli o ricette di comportamento
  • Subire un interrogatorio

Ne deriva, sulla base di queste considerazioni, come sia anche importante comunicare con questi ragazzi a rischio, garantendo loro rispetto per le opinioni e quanto viene riferito, parlando con semplicità ed esprimendo solidarietà ed empatia, ma anche preoccupazione, concentrandosi sui sentimenti delle persone in crisi.

Ma soprattutto è importante come non comunicare, vale a dire:

  • Non interrompere troppo spesso, dando l’idea di avere fretta e poco tempo per il loro disagio;
  • Non dare ordini
  • Non fare affermazioni poco chiare cercando di non fare troppe domande.

Segnali d’allarme o sintomi sentinella.

Per cercare di intervenire tempestivamente per prestare aiuto ai ragazzi, secondo Maurizio Siri, ordinario di Psichiatria presso l’Università La Sapienza di Roma, ci sono sintomi o segnali d’allarme che ci possono aiutare: questi ragazzi spesso non riescono a seguire più le attività scolastiche, non si applicano negli sport, tendono ad isolarsi dagli amici e dalla famiglia, dagli affetti, verbalizzano frasi come “non ce la faccio più” e spesso si notano cambiamenti delle abitudini alimentari, del sonno e del rendimento scolastico.

Si può inoltre verificare un maggior consumo di alcol e l’abuso di sostanze. Infine, bisogna stare attenti ai cambiamenti di umore: se un soggetto precedentemente angosciato appare improvvisamente risollevato, come se avesse risolto i suoi problemi dall’oggi al domani, potrebbe aver preso la decisione di farla finita. 

Come intervenire? 

Una volta notati questi segnali d’allarme per un familiare, per un amico potrebbe essere complesso il da farsi. E’ errato ritenere che parlare dell’argomento porti il ragazzo a togliersi davvero la vita. Diverse persone sopravvissute a un TS riferiscono che mancava loro qualcuno che semplicemente lo stesse ad ascoltare. Occorre però prestare ascolto con la modalità sopra riferite. 

Cosa possono fare i genitori?

Da ultimo, non certo per importanza, si possono immaginare quali attenzioni da parte dei genitori, nei confronti dei figli, possono essere utili:

* Dimostrarsi disponibile all’ascolto e offrire aiuto: occorre far capire ai figli che si è pronti ad aiutarli e stare con loro; 

*scoprire ciò che non si sa: informarsi degli insegnanti, del medico su eventuali notizie, fatti o problemi dei quali potrebbero essere non informati;

* cercare di affrontare il problema all’interno della famiglia, trasmettendo chiaro il messaggio al figlio che gli si vuole bene e si è disposti a tutto per aiutarlo, incoraggiandolo e non criticandolo.

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