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“Annamaria di 78 anni è stata borseggiata”, “dopo il terremoto il nonno Luciano non è più lo stesso”, “Maria Teresa è stata truffata”. Questi appena citati, solo alcuni esempi di eventi potenzialmente traumatizzanti. L’etimologia della parola trauma deriva dal greco e vuol dire ferita. Il trauma psicologico può essere quindi definito come una ferita dell’anima, come un dolore inaspettato e soverchiante che irrompe nella vita di una persona. È una ferita che segna un prima e un dopo.

Il rinforzo negativo del trauma. I traumi che subisce l’anziano accendono emozioni che nella maggior parte delle volte sono stati già vissuti, ma con intensità minore. La paura, il senso di impotenza, l’insicurezza costante, sono prodotte da esperienze traumatizzanti passate. Se tali esperienze, ad esempio la perdita di un figlio, l’abbandono da parte di un grande amore, un incidente, sono state accettate, comprese ed elaborate con successo, allora il trauma attuale verrà più facilmente superato. Qualora ciò non fosse avvenuto, allora l’impatto del trauma attuale sarebbe devastante per l’anziano. L’evento rimane congelato: come in un film c’è l’immagine, ci sono gli odori, i rumori disturbanti. Si ricordano chiaramente tutti i particolari: l’odore dello sparo, il boato sordo della scossa di terremoto, la lampada rossa in terra accanto al letto, il suo sguardo di disprezzo. E, poi, le convinzioni negative su di sé, associate all’evento: non dovevo trovarmi lì in quel momento, me la sono cercata, potevo prevederlo, ho pensato di non essere degno d’amore. Paura, terrore, impotenza, disperazione, senso di inadeguatezza, senso di colpa, orrore, sono le emozioni più frequentemente vissute in queste situazioni.

Reazioni da stress post-traumatico. A brevissima o breve distanza dall’evento, possono essere: 1) senso di distacco dalla realtà (per esempio sensazione di essere dentro ad un film) o fuori da se stessi; 2) sensazioni di rivivere quello che è successo (allucinazioni, flashback); 3) iper-vigilanza, difficoltà a dormire, sonno leggero, incubi, sogni ricorrenti legati all’evento, difficoltà di concentrazione, irritabilità o eccessi di collera, esagerate risposte di allarme; 4) reazioni fisiche come tachicardia e nausea.

Suggerimenti per riappropriarsi della propria vita. Primo passo è condividere l’evento, parlarne, confidare i sentimenti di rabbia e impotenza, o paure e timori. La cosa importante è far uscire l’evento dalla propria testa. Il secondo passo è parlare con i propri sensi di colpa: spesso accade che c’è una parte della persona che si sente responsabile degli eventi e quindi si tormenta con domande del tipo ‘cosa ho fatto per meritarmelo?’ Ciò avviene per ovviare al senso di precarietà che si vive in quanto individui mortali. Terzo passo poi è ridurre l’immagine traumatica ad un puntino nero. Il trauma lavora fino a quando il soggetto gli dà linfa vitale. Per privarlo di quel potere, non bisogna più foraggiare l’immagine, e ciò vuol dire non darle più importanza. Riducendola in termini di dimensioni, da grandissima a grande, poi più piccola, piccolissima, un punto!

Esercizio utile, proposto dalla scuola di terapia strategica breve, è la narrazione dell’evento accaduto, seguendo delle regole precise: • Bisogna descrivere l’evento in modo oggettivo, per bloccare la mente che tende ad abbellire i ricordi di mille colori, che magari non c’erano in quel momento; • Deviando il ricordo e magari ingigantendolo; • Mettere per iscritto i propri sentimenti, le domande assillanti, tutto ciò che appesantisce la mente; • Svolta questa attività per i primi giorni, senza parlarne con nessuno ma solo scrivendo, buttare lo scritto o bruciarlo, o meglio ancora consegnarlo allo psicologo. Lo scopo dell’esercizio è focalizzare l’evento e lasciarlo sfogare, per poi essere cancellato.

Riflessione finale. Come sempre la guarigione passa per l’accettazione, il lavoro doloroso e poi l’abbandono di quella situazione, di quell’immagine, di quel trauma. Trasformare il pensiero/immagine vuol dire trasformare le proprie percezioni, i comportamenti e in un certo senso modificare la propria vita. L’anziano ha dalla sua parte più strumenti di esperienza per affrontare un evento traumatico. Allo stesso tempo, si sente più vulnerabile perché avverte il peso dell’età e della mancanza di reazione immediata, che generalmente si associa ad un giovane. La tentazione è quindi quella di perdere fiducia in sé stessi e ancorarsi a luoghi sicuri come la casa. Ma di fronte ad eventi imprevedibili come un terremoto, un borseggio piuttosto che un ponte che crolla o un femore che cede, non ci sono età. C’è da accettare la vita e prenderla per quella che è: un percorso, un viaggio in cui semplicemente … viaggiamo!

Pubblicato su: Verdetà n. 66 anno 2018 Da: Chiara Volpicelli

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