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Dicembre, le luci natalizie iniziano a riempire le città assieme agli addobbi, in radio la voce di Michael Bublè, tutti invocano grandi sogni e desideri, grandi sorrisi e baci meravigliosi. Le parole che solitamente si associano al Natale sono magia, calore familiare, gioia, amore e speranza.


Per una bella fetta di popolazione si tratta invece di un periodo in cui ci si sente spinosi, tristi, malinconici, sofferenti, fino ad arrivare a sintomatologie depressive. Sono alcuni sintomi dell’Holiday Blues, una forma di depressione che può durare da alcuni giorni a qualche settimana: tristezza e sentimenti negativi che solitamente vengono messi da parte a causa – e grazie – alla vita frenetica e alle moltitudini di impegni che le persone hanno.

I tempi di azione di queste sintomatologie tendono a scomparire al termine delle festività e delle vacanze, aiutate dal rientro alla vita di tutti i giorni. E questo Natale 2020 ci mette del suo: i “devo”, i “non si può”, le restrizioni che il governo ha impartito, una confusione generale sul da farsi. Porta con sé la corsa verso le abitazioni della propria famiglia d’origine prima della chiusura dei confini, la fretta del cenone della Vigilia perché entro le 22 scatta il coprifuoco, le videochiamate per aprire i regali o per cenare con le persone del cuore.

Questo Natale porterà con sé per qualcuno solitudine, tristezza e malinconia, per qualcun altro porterà sollievo: nessuna corsa per la preparazione del cenone, regali e visite di cortesia.  

In quanto esseri umani, siamo definiti biologicamente come animali sociali, sperimentiamo quindi un bisogno innato e fondamentale di socialità, di relazione con l’altro. Per questo si tende ad evitare la solitudine di cui spesso ci si spaventa perché porta con sé la paura della morte.

Questo periodo porta con sé la consapevolezza della brevità della vita, supportando così una riflessione interiore più profonda su di sé, sulle relazioni con gli altri, sulla soddisfazione della propria esistenza: vera e propria occasione di crescita, per cambiare le proprie abitudini e mettersi in contatto con se stessi. 

 

Ma come si può superare questo momento di fragilità emotiva? È ok non essere ok: accogliere le proprie emozioni. Provare a capire da cosa derivi la propria tristezza o ansia, sentirla nel corpo, darle un nome, starci insieme per un po’, è uno dei regali più grandi che ci si possa fare. Lasciare spazio alla propria gioia e non lasciar da parte i sensi di colpa, se si ha piacere nello stare da soli. Condividere le proprie emozioni. Parlare e condividere le proprie emozioni potrebbe dare la possibilità di capire che non si è soli a provare certi stati d’animo, dà la possibilità di sperimentare e godersi un’autentica e reale vicinanza con l’altro, riducendo così la sensazione di solitudine e promuovendo lo sviluppo di uno spazio necessario per l’elaborazione dei propri vissuti.

Nonostante l’obbligo alla lontananza, ci dobbiamo ritenere fortunati perché abbiamo a disposizione strumenti potenti che ci danno la possibilità di connetterci e sentirci vicini alle persone a noi care. 

Dedica del tempo ad un hobby lasciato in qualche angolo del proprio cuore per mancanza di tempo. Fai un bel respiro: sediamoci, respiriamo profondamente, concentrandoci sul respiro stesso.

Via libera a video-aperitivi natalizi (solo se ne abbiamo voglia). Approfittiamo della tecnologia, circondiamoci dei parenti che non possiamo raggiungere fisicamente. Si potrebbe pensare di cucinare lo stesso menù, anche a distanza, e poi ritrovarsi a mangiarlo online.

Ritrovarsi, riscoprirsi, piacersi. Riscoprire la bellezza di stare con sé stessi, conoscersi, leggere, studiare, fare sport.


Perché non vedere nella solitudine delle festività un po’ di positività?

La solitudine si può riscoprire come luogo creativo, spazio libero in cui gestire, sentire, amministrare le proprie emozioni e sensazioni, in cui riflettere e diventare intimi con sé stessi. Ricordandosi sempre che la relazione con sé pone le basi per la relazione con l’altro: migliore sarà la relazione intra-personale, migliore sarà quella inter-personale.

Contributo a cura della dott.ssa Debora Manfredi, 21 dicembre 2020.


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