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L’espressione pensiero laterale è stata coniata dallo psicologo maltese Edward De Bono per indicare un metodologia di pensiero, contraria al classico modo di risoluzione dei problemi.

Se nella canonica logica frontale si va da A a B in maniera diretta, nel pensiero laterale si cercano dei punti di vista alternativi che permettono di trovare soluzioni grazie alla visione del problema da angolature diverse.

Pensiero laterale e allenamento

Come ben raffigurato da Robin Williams ne “L’attimo fuggente” nella scena che esorta gli studenti a salire sulle sedie, per provare a guardare la realtà da un punto di vista diverso, il pensiero laterale consiste nel liberare la mente dalle consuetudini, dovute all’esperienza, per permetterle di “vedere alto”, stimolando una forma mentis totalmente diversa, che apra a infinite nuove soluzioni. 

Come altre skills di cui abbiamo parlato fino ad ora, anche il pensiero laterale viene allenato sul campo in maniera intensa e quanto mai utile nelle attività extralavorative. Nel confronto sportivo, infatti, ci aspettiamo sempre che l’avversario trovi soluzioni diverse da quelle più logiche, tanto che il lateral thinking è diventato il mindset base con cui agiamo, ancora di più ora che tutti gli atleti ad alti livello sono super conosciuti e monitorati in ogni intenzione e gesto tecnico: solo la soluzione creativa è in grado di superare l’empasse e scalfire le opposizioni dell’avversario. 

Come metterlo in pratica

È un esempio lampante di pensiero laterale la scelta del coach della Russia di volley maschile, nella finale delle Olimpiadi di Londra 2012, di spostare Muserskiy da centrale a opposto, riuscendo così a ribaltare l’iniziale 2-0 e portando alla medaglia d’oro la propria nazionale. Così come la decisione (ma anche la capacità) di Mourinho di schierare terzino Eto’o nella finale di Champions contro il Barcellona del 2010, o ancora il famoso schema di Conte su calcio d’angolo, con palla dietro a Vidal, o Brozovic che fa il “coccodrillo” sotto la barriera. 

Il pensiero laterale è la testimonianza di come la creatività non sia esclusivamente frutto di doti innate, ma sia allenabile, quanto le capacità tecnico tattiche dei giocatori e di come allenatori o figure di riferimento nel percorso degli atleti, siano fondamentali per implementare un mindset alternativo e vincente, che gli stessi possano poi portare con sè per tutta la vita. 

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