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Di come la parola – letta, pronunciata o scritta – possa aiutarci a definire, modificare ed arricchire il nostro senso di noi stessi, la nostra identità. «In principio era la Parola»Giovanni 1:1

L’essere umano ha bisogno della parola. Che sia in forma scritta, parlata o letta e successivamente rielaborata nel silenzio della propria interiorità, la parola consente all’uomo di dare un significato alla realtà dell’esistenza che si trova a vivere e, contestualmente, di costruire ed arricchire la propria identità.

Fin dall’antichità, la creazione e la trasmissione di miti, ha permesso agli esseri umani di conoscere l’essenza dei propri sentimenti, dei propri valori, della propria realtà di Essere Uomo. L’ascolto prima e la lettura poi, ci hanno consentito di riconoscere il nostro vissuto interiore mediante l’identificazione nelle vicende umane raccontate in ambito mitologico e letterario e, di conseguenza, di poter dare loro un nome.

Il fatto di poter nominare i propri stati d’animo, emozioni e percezioni, consente all’uomo di distinguerli chiaramente gli uni dagli altri e, quindi, di prenderne reale consapevolezza.

Questo processo, ci permette di mettere parole sulla vita e vita sulle parole, di conoscere la nostra identità individuale, di arricchirla di sempre nuove sfumature, di crescere e di autentificarci in quanto «Storie di anime nel mondo» (A.Meneghetti, «La Femminilità come sesso, potere e grazia»).

Facciamo un esempio concreto: Cos’è, per te, l’Amore? Cos’è, per te, la Paura? Cos’è, per te, il Dolore? Cos’è per te, la Gioia? Potremmo continuare all’infinito a porci domande di questo tipo e, senza alcun dubbio, ciascuno di noi potrebbe dare infinite risposte diverse. Ma se ci sediamo un momento, insieme, e leggiamo questi versi

A me pare uguale agli dei / chi a te vicino così dolce / suono ascolta mentre tu parli / e ridi amorosamente. Subito a me / il cuore si agita nel petto / solo che appena ti veda, e la voce / si perde sulla lingua inerte. (Saffo, « A me pare uguale agli dei », VII secolo a.C)

O ancora:
Essere o non essere, questo è il problema. / Se sia più nobile sopportare / le percosse e le ingiurie di una sorte atroce, / oppure prendere le armi contro un mare di guai / e, combattendo, annientarli. / Morire, dormire. / Niente altro. (W.Shakespeare, « Hamlet », 1600-1602)

ci riconosciamo, in quanto Esseri Umani, in questi sentimenti, in questo vissuto interiore. Sentiamo distintamente, che da qualche parte, queste parole «ci suonano dentro», ci sono familiari. La lettura e l’elaborazione individuale delle parole con cui definiamo la nostra realtà, ci permettono quindi di qualificare la nostra storia, di darle un contorno preciso, di definire ciò che è consono alla nostra verità interiore e ciò che, invece, non lo è. Grazie alla parola e alla verbalizzazione interiore, quindi, l’essere umano diventa co-creatore del proprio progetto di vita: egli acquisisce il potere di possedere la realtà che nomina e di dare la scintilla di consapevolezza ai cambiamenti che vuole operare.

Contributo a cura della dott.ssa Federica Canepari (Aprile 2021)

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Per un ulteriore approfondimento, ascolta la testimonianza di Chiara.


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