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Fidarsi vuol dire accedere a ciò che non si può vedere o toccare, è un atto di fede, è dire , senza sapere come, cosa, perché. L’esperienza ci ha insegnato che la fiducia diventa fondamentale per tutti coloro che vogliono sperimentare qualcosa di nuovo e non sanno esattamente cosa accadrà. Si fanno previsioni, statistiche ma non si può andare oltre. È solo la fiducia che permette di sperimentarci in ciò che non sappiamo fare, è solo la fiducia nel mondo che ci fa prendere un aereo convinti che non cadremo. 

La fiducia cammina di pari passo con l’esperienza. Quest’ultima può rinforzare la fiducia in un circolo virtuoso o indebolirla in un circolo vizioso.

La conseguenza della diade fiducia-esperienza sono gli “occhiali”, rosa o neri. Quando l’individuo indosserà gli occhiali rosa ogni sua azione o impresa o pensiero sembrerà trovare un risvolto agile nella realtà, accompagnato da gioia e serenità; ogni qual volta indosserà gli occhiali neri tutti i suoi comportamenti appariranno ostacolati e la fatica e tristezza saranno compagne costanti.

Eppure non c’è fiducia senza paura. La capacità è quella di non farsi sovrastare né dall’una né dall’altra. Immaginate una persona che porta gli occhiali rosa e lascia aperta la porta di casa convinta che mai nessuno andrà a rubare in casa sua… oppure dopo essere stati lasciati dal partner portare gli occhiali neri e convincersi che mai si avrà la possibilità di essere nuovamente amati.


Fiducia e paura. La paura è lo stimolo che ci fa spostare da una posizione all’altra, è quell’emozione che ci racconta che è pericoloso stare ancora “li”. La fiducia nell’andare in una direzione migliore ci stimola all’azione. È la paura che qualcuno possa entrare in casa che ci fa essere prudenti e chiudere a chiave, fiduciosi che in questo modo il nostro nido sarà al sicuro.È la paura della solitudine che ci permette di agire per incontrare nuove persone avendo fiducia nella possibilità di essere amati dopo la conclusione di una storia.  

La paura sana, che si trasforma in desiderio e ci fa essere fiduciosi in ciò che avverrà.

 

Curiosità. Nel testo “Sapiens” di Yuval Noan Harari, un divertente approfondimento sulla specie umana raccontato a fumetti, si evidenzia come i sapiens siano stati in grado di sbaragliare le altre specie umane, grazie alla fiducia. La fiducia nell’altro era data dalla condivisione di storie e miti che una volta condivisi in grandi gruppi costituivano la base della fiducia nei propri simili, anche se di tribù estranee. Da qui la cooperazione in grandi masse facilitò la supremazia della nostra specie. Leggetelo!

 

Quando nasce la fiducia nell’essere umano. Tra coloro che hanno inserito l’argomento “fiducia” all’interno dei propri studi e ricerche, la pedagogista Becchi, ci ricorda essere stati  Erik Erikson e John Bowlby a concentrarsi sulle prime relazioni dell’essere umano: tra tutte, quella tra il neonato e la figura di riferimento affettivo. Erikson scrive: “aver fiducia implica non solo l’aver preso a fare affidamento sulla continuità e identità delle figure provvisorie esterne, ma anche l’aver appreso ad aver fiducia in se stesso e nelle capacità dei propri organi e l’essere in grado di considerarsi abbastanza degno di fiducia da non imporre a tali figure esterne e provvisorie un atteggiamento guardingo”.

L’elemento principale della fiducia e della sua origine è il vissuto della separazione dalla figura di riferimento, il distacco. Del resto il bambino nasce in simbiosi con la madre e ne sperimenta l’allontanamento solo quando è fuori di lei. L’esperienza della distanza fisica dalla madre, fonte di sopravvivenza del bimbo stesso, corrisponde all’esperienza della fiducia, fiducia nel fatto che ella tornerà e che quindi la sopravvivenza del bimbo è assicurata. Comincia così a sperimentare la propria capacità di sopportare la frustrazione del distacco. Prova l’auto-efficacia che rinforza la fiducia in se stesso e nell’autonomia del corpo in grado di digerire il cibo e figurativamente digerire la distanza.


Le conseguenze della sfiducia. Queste considerazioni vengono avallate molti anni dopo da John Bowlby, che con la teoria dell’attaccamento rinforza ancora di più la sperimentazione della distanza dalla figura di riferimento. Spiega infatti come un adulto sano è abitato dalla sicurezza in se stesso grazie alla fiducia nella relazione di attaccamento con la figura di riferimento. Attaccamento che definisce “sicuro”. Al contrario un adulto in difficoltà nelle relazioni con il mondo è un adulto che ha vissuto un attaccamento “insicuro” oppure “evitante” vale a dire che la fiducia che ha riposto nella figura di riferimento è stata tradita. Non sono state date risposte adeguate alle esigenze del bimbo.  

Secondo Erikson quando la fiducia viene a mancare, non viene convalidata e rinforzata, si lascia nel bimbo “un senso di intima divisione ed una nostalgia universalmente diffusa per un paradiso perduto. La fiducia fondamentale deve… conservarsi per tutta la vita contro gli attacchi riuniti delle sensazioni di essere stato privato di qualcosa, di essere stato diviso, di essere stato abbandonato”.


Conclusione.

Utilizziamo una metafora per “vedere” la fiducia. È come se A e B fossero uno di fronte l’altro e cominciassero a spogliarsi. A si toglie la maglia, fornendo a B uno stimolo, che risponde facendo lo stesso. A a questo punto osserva pazientemente B per poi decidere se fornire un altro stimolo o attendere, e così via. Questa danza di azioni è concertata dalla capacità di aspettare e/o osare, costruendo la fiducia attraverso la ratio e il cuore insieme. La fiducia, nell’adulto, cammina con la maturità di chi sa sostenere se stesso anche in una delusione, senza lasciarsi schiacciare e senza perdere la fiducia in se stessi e nel mondo.  

Contributo a cura delle dott.sse Chiara Volpicelli e Debora Manfredi, 5 gennaio 2021.


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