Il bersaglio prediletto del nuovo #coronavirus e degli allarmi dei media è – come stiamo vedendo – la persona anziana. La popolazione più giovane viene così rassicurata dal fatto che “dopotutto, le vittime sono quasi esclusivamente persone anziane con quadri clinici compromessi”. Il risultato è un sovraccarico d’ansia per chi è avanti con gli anni, che si interroga sulla sua condizione di soggetto a rischio e sulle misure che dovrebbe prendere per proteggersi. Come ogni risposta emotiva anche l’ansia, se ben gestita, è utile, in particolare per segnalare la presenza di un pericolo e quindi la necessità di mobilitarsi per affrontarlo.
Ma cos’è di preciso l’ansia? L’ansia è generata dalla paura della morte, tramite un’associazione operata sulla paura dell’abbandono, della solitudine, del non essere amati. Questo stato psichico spiacevole si manifesta sul corpo attraverso il respiro corto, l’affanno, la tachicardia e talvolta i giramenti di testa. L’ansia è inoltre sempre rivolta a ciò che sarà e impedisce di concentrarsi sul qui ed ora. Quando poi l’ansia si connette, come in questo caso, al concetto di malattia e alle relative idee distruttive, l’essere umano è indotto a vivere in costante allarmismo.
Cosa fare allora per gestire l’ansia e non esserne gestiti?
Attenzione alle informazioni. L’eccesso e spesso la confusione di informazioni stimola un generalizzato stato psichico di preoccupazione e paura che risponde all’esigenza di sensazionalismo dell’utente stesso. Chi fruisce delle notizie dovrebbe allora cercare di seguire gli accadimenti in modo traslato, al confine. In altre parole, non bisogna lasciarsi trasportare passivamente dall’informazione e dal carico d’ansia che non solo i media, ma anche il passaparola intensifica a tal punto da catturare l’inconscio dell’utente.
Attenzione alla selezione tematica. È inoltre necessario evitare l’ossessiva ricerca di informazioni che monopolizzano la giornata su un unico tema spiacevole, come quello attuale. Si tratta infatti di un meccanismo che porta l’essere umano a selezionare inconsapevolmente ciò che legge e ascolta e a scartare a priori tutti quegli argomenti che invece riporterebbero la sua attenzione su ciò che funziona ed è positivo nella propria vita. L’uomo si costruisce così una trappola mentale, che lo vincola all’ansia che lui stesso ricerca.
Forte di queste consapevolezze, la persona anziana può dare il giusto peso alla sua necessità di informazione e tornare ad occuparsi – e a preoccuparsi – della sua routine. Soprattutto può trasformare l’ansia in una più delimitata paura «utile», che serve a mantenere un’adeguata attenzione sul problema, ma che non impoverisce la complessa gamma di emozioni della persona. In questo modo l’anziano recupera la sua interiore serenità e, con essa, un importante ruolo sociale: quello di porsi come riferimento e guida per i più giovani, mettendo a loro disposizione la propria esperienza e la capacità di trovare soluzioni ponderate anche per le difficoltà più insidiose.